LA VERA STORIA DI GIOVANNA, DETTA LA PULZELLA

Giovanna-darcoJeanne d’Arc o Darc, Santa, detta la Pulzella d’Orléans (Domremy 1412-Rouen 1431). Nata da famiglia di contadini (è destituita di fondamento l’ipotesi che la Pulzella fosse una discendente illegittima del casato d’Orléans), cresciuta senza educazione, non seppe mai né leggere né scrivere. La madre Isabelle Romée le insegnò solo le orazioni. Secondo la tradizione a 13 anni Giovanna udì per la prima volta voci misteriose che la invitavano a correre in aiuto del re di Francia. Gli Armagnacchi e e Borgognoni si contendevano in quel periodo il trono del Paese. Questi ultimi avevano invocato l’aiuto degli Inglesi che ad Azincourt con Enrico V sconfissero i Francesi e ancora una volta rivendicarono pretese al trono (guerra dei Cent’anni). Nel lunghissimo conflitto che ne seguì, gli Inglesi occuparono Parigi e assediarono Orléans. Giovanna d’Arco, dopo aver resistito per tre anni alle “voci” dell’arcangelo Michele, di Santa Caterina e di Santa Margherita, nella fede che la Francia attendesse da lei la salvezza, fuggì da casa e si recò nel maggio 1428, a Vancouleurs, piazzaforte degli Armagnacchi, dove sperava di incontrare Carlo VII. Ricevuta dal capitano Baudricourt venne fatta esorcizzare, ma la sua fede convinse altri gentiluomini e nel gennaio 1429 Giovanna fu mandata a Chinon, dove Carlo VII viveva con la sua corte e dove egli si nascose tra i cortigiani per non farsi riconoscere. Giovanna lo individuò immediatamente, si inginocchiò davanti a lui e lo convinse del suo buon diritto a cingere la corona di Francia, fugando i dubbi sulle sue origini regali, causati dalla vita non certo esemplare della madre Isabella di Baviera. Sottoposta a un giudizio di dottori della Chiesa a Poitiers, Giovanna superò la prova. Dettò una lettera per gli Inglesi, offrendo loro la pace e invitandoli a lasciare la Francia; corse quindi in aiuto di Orléans in testa alle truppe e liberò la città l’8 maggio 1429. Il 18 giugno gli Inglesi furono nuovamente sconfitti a Patay. Giovanna non impugnò mai la spada, ma solo uno stendardo bianco ornato dei gigli di Francia e di immagini sacre. L’entusiasmo del popolo toccò anche Carlo VII, che il 17 luglio venne consacrato sovrano in Reims, dopo che altre roccaforti si erano arrese alle sue truppe. L’irresolutezza del sovrano non consentì tuttavia a Giovanna di continuare vantaggiosamente la lotta e dopo l’insuccesso all’attacco di Parigi (8 settembre 1429), in cui venne ferita a una coscia, nella primavera successiva (23 maggio) assediata in Compiègne, Giovanna tentò una sortita e, per proteggere i suoi, si lasciò catturare. Venduta a Giovanni di Lussemburgo e infine agli Inglesi, tentò due volte la fuga, ferendosi gravemente. Tutta la Francia invocava Carlo perché corresse in aiuto della Pulzella e, mentre il re taceva, l’Università di Parigi la reclamò per processarla come eretica. Gli Inglesi preferirono farla processare a Rouen, dove si sentivano più sicuri. Al tribunale ecclesiastico presiedette il vescovo di Beauvois, Pierre Cauchon, nemico dichiarato della Pulzella. Sedici interrogatori (dal 21 febbraio al 9 maggio) non scossero la fede di Giovanna che, ingannata, firmò l’abiura. Condannata dapprima alla prigione perpetua e a pane e acqua, venne nuovamente giudicata per eresia grazie a un altro inganno ordito da Cauchon. Il 30 maggio 1431 fu bruciata sul rogo nella piazza del mercato vecchio di Rouen. Morì invocando Gesù. Lo stesso Cauchon non seppe trattenere la commozione. Gli Inglesi fecero buttare le ceneri di Giovanna nella Senna, per impedire che un culto delle sue spoglie ne favorisse la mitizzazione. L’apparire di false Giovanna fece nascere leggende sulla sua sopravvivenza. Carlo VII nel 1450 compì il suo unico atto di riconoscenza: conquistata Rouen, fece condurre un’inchiesta che si concluse con la riabilitazione della Pulzella (1456) dopo l’autorizzazione di papa Callisto III. Nel 1909 Giovanna venne beatificata da Pio X e nel 1920 proclamata santa da Benedetto XV.

fonti: sapere.it

CHARTRES e LA SEZIONE AUREA

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Sorge su un parallelo geografico (48°26’53″la cui lunghezza di un grado è di 74 chilometri. La lunghezza della navata della chiesa è di 74 metri (millesima parte) e quella del coro di 37 metri (duemillesima parte) e 37 metri è alta la volta ed altrettanto profondo il pozzo celtico. Il terzo, tra i costruttori, fu Goffredo di Lèves, vescovo di Chartres. Anch’egli, come Suger, faceva parte dei più intimi consiglieri del Re di Francia, Luigi VI. Attivissimo, partecipò a più di dieci concili e, come Suger e Enrico, mise mano alla sua cattedrale, ristrutturandola secondo i nuovi canoni. Sotto di lui, la scuola di Chartres passò il periodo di massimo splendore. Nel 1134 vi fu un grande incendio che distrusse parte della chiesa romanica ideata dal vescovo Fulberto nell’XI secolo. In quello stesso anno iniziarono i lavori di ristrutturazione, che interessarono la facciata. In particolare, fu rilevante la realizzazione del magnifico Portail Royal, il portone d’ingresso, archivoltato, adornato da figure di santi e martiri inscritti in lunghe lettere “I”, ad imitazione dei codici miniati borgognoni e cistercensi. Anche qui, si seguirono precise regole matematiche e geometriche. Figura principale, in questo caso, fu il pentagono. Un pentagono di lato 16, 44 mt., da cui si ricavarono le misure: 13, 99 (raggio della circonferenza in cui è inscritto), 32,90 (la somma di due lati, circa) e 8,64 (lunghezza del lato di un decagono inscritto nella stessa circonferenza). I pilastri vennero innalzati per 8.64 mt., inoltre, ritroviamo la grandezza di 13,85 mt. sia per la distanza tra le colonne della navata centrale, sia per l’altezza dei pilastri delle navate laterali. Se dividiamo 16,44 per 10, otteniamo 1,644, che si avvicina moltissimo al numero aureo 1,618 (φ). È risaputo, infatti, che tale grandezza venne usata dai costruttori delle cattedrali gotiche. Prendiamo in esame ancora il pentagono usato a Chartres: se dividiamo una qualsiasi diagonale per il lato del pentagono, otteniamo ancora il numero aureo. La proporzione perfetta, che ottenne anche il matematico Leonardo Fibonacci (1170, 1240), creando una serie di numeri in cui il successivo è sempre la somma dei primi due (1 1 2 3 5 8 13 21 34 55…). Se dividiamo un numero per il suo precedente, otteniamo, ancora una volta, il numero aureo, 1,618… A quanto sembra, tale numero, ricorrerebbe molto spesso nella storia dell’umanità e sarebbe alla base della proporzione perfetta, dell’armonia. Quindi, sarebbe possibile ritrovarlo anche in natura. Basti vedere al microscopio un fiocco di neve, per capire quanto sia “geometricamente” perfetta la natura. Già conosciuto da Fidia, il più grande scultore e “architetto” dell’antichità classica, si dice fosse stato scoperto da Ippaso da Metaponto, vissuto nel V secolo a.C., e che, perciò, venne scomunicato dalla sua setta e lasciato morire in mare. Ciò, perché era stato visto come un sovvertitore dell’ordine, della tradizione. Ciò che sarebbe accaduto ancora quasi mille anni dopo con l’inquisizione. La storia, da che mondo è mondo, si ripete. Quindi, anche i costruttori di Chartres conoscevano la “sezione aurea” e la applicarono per la costruzione della cattedrale. Chartres era anche un grande centro di studi. Qui, si studiavano i manoscritti greci e arabi che giungevano dall’oriente e dalla Spagna (fino all’inizio del XIII secolo, ancora musulmana). Qui, i filosofi e gli studiosi cristiani, appresero molte nozioni scientifiche appartenenti ad altre culture, facendole proprie. Forse, tramite questi scritti, appresero del numero aureo e di altri segreti architettonici. Segreti che, successivamente, dovettero essere custoditi e trasmessi a successori. Per questo motivo, nacquero le logge massoniche, si pensa, proprio nello stesso periodo in cui venne ristrutturata Chartres. Sarebbe stato impensabile costruire un’opera del genere senza l’organizzazione simile. Nel 1194, un grande incendio distrusse gran parte della città di Chartres, compresa la cattedrale. Rimase in piedi solamente la facciata. Fin da tempo immemorabile, in essa era custodita una grande reliquia, il manto che la Madonna, secondo la tradizione, avrebbe indossato alla nascita di Gesù. Supponendo che esso fosse andato in fiamme assieme al resto dell’edificio, il popolo di scoraggiò. Bastò mostrare il manto alla folla per ridestare gli animi della gente e indurli a collaborare per la ricostruzione. Importanti furono i contributi del vescovo Rinaldo di Mouçon ed il cardinale Melior di Pisa, in visita in quegli anni in Francia. Grazie al loro sostegno, si lavorò assiduamente alla cattedrale e, in breve tempo, fu di nuovo in piedi. Venne ultimata nella prima metà del XIII secolo. I diversi elementi architettonici della cattedrale furono basati sulla geometria sacra e sul simbolismo numerico: dal “fiore della vita” alla cosiddetta Vesica piscis, dalla Stella di David al cubo di Metraton, dalla sezione aurea alla spirale di Fibonacci. La scienza della geometria sacra riprese particolare interesse nell’architettura gotica in quanto era convinzione presso gli architetti ed i costruttori medioevali che nel numero si nascondessero le chiavi occulte del creato. Le divine proporzioni, un po’ dimenticate dopo le opere della Grecia classica e successivamente alle scelte della civiltà romana vengono qui riprese come riscoperta delle leggi della geometria dell’universo e della matematica e questo connubio fu il germe concreto dello sviluppo dell’architettura gotica. Per i maestri dell’arte che avevano innalzato le cattedrali fino al cielo il vero mistero era condensato nell’architettura stessa perché era la struttura dell’edificio a vibrare all’unisono con le frequenze dell’energia della creazione. Le proporzioni perfette che sono costantemente verificabili nella pianta, nella sezione e nelle facciate, anche in quelle laterali ci riconducono alla divina proporzione. Il rettangolo aureo è costantemente ripercorribile dal transetto alle tre navate iniziali, dal transetto alle navate successive fino al coro. Le proporzioni perfette del tutto sono in grado di “determinare un nuovo, diverso stato di coscienza dentro di noi, una condizione di piacere estetico diffuso, una sorta di inno alla gioia della mente” (W. Anderson) e ciò soltanto attraverso l’architettura a cui poi si aggiungono le parti decorative dell’edificio. Possono essere anche ritenuti significativi i messaggi esoterici (ma comunque legati e vincolati alla geometria) che emergono dall’architettura della cattedrale di Chartres in particolare l’iscrizione di una serie di tre parallelepipedi che si uniscono sia nel punto centrale del transetto (confluenti a loro volta nel centro del rettangolo aureo e nel vuoto assoluto dell’elemento verticale nell’avvicinarsi al divino) sia nel centro del labirinto. In particolare il labirinto che nel Medioevo veniva percorso come una sorta di pellegrinaggio che poteva sostituire quello verso la Terra Santa è struttura simbolica e perfetta (cerchio e sfera nella sua proiezione solida) ed abbinabile in perfetta coincidenza con la proiezione del rosone centrale che domina la facciata ovest della chiesa (le due strutture sono perfettamente coincidenti nella loro perfezione geometrica). L’iscrizione di numerose figure geometriche in pianta: un cerchio e svariati quadrati di differenti dimensioni ma sempre in rapporto aureo tra loro si ricongiungono e passano sia per il centro del labirinto che sull’altare. Indipendentemente dall’unità di misura utilizzata il sistema proporzionale più utilizzato nella progettazione è stato quello ad quadratum, forma basata sul quadrato a simboleggiare la Terra, ad tringolum, sagome derivate dal triangolo equilatero a simboleggiare la Santissima Trinità e sagome a cerchio (sfera in proiezione solida) a simboleggiare la perfezione del Creato.

LE AVVELENATRICI , MARIE MADELEINE D’AUBRAY

Brinvilliers-webmmdaubray1 mmdaubray2Marie Madeleine d’Aubray, Marchesa de Brinvilliers, è una delle figure più controverse del milleseicento, condannata a morte per decapitazione, accusata di omicidio plurimo e in odore di stregoneria, venne poi osannata dal popolo che giunse a fare di lei una martire e una santa.
Nasce il 22 luglio 1630, quinta figlia di Antoine Dreux d’Aubray, signore di Offémont e di Villiers, luogotenente civile di Parigi, luogotenente generale delle miniere di Francia, mâitre de requête. Tanto quanto il padre fu di costumi tradizionalisti e severi, la figliola si rivelò ben presto avere un temperamento inquieto, piuttosto ribelle ed incline ai piaceri, affamata di sesso e probabilmente ninfomane. Ad un’età inferiore ai sette anni indulgeva in giochi erotici con uno dei fratelli. passati i sette anni perde la verginità con un non bene identificato ragazzetto, forse un valletto di casa.

Crescendo in un ambiente dove di amore ce n’era ben poco, dalla madre che non viene mai citata al padre austero e distante, arriva ai 21 anni, età in cui si pensa di maritarla, Antoine Gobelin marchese de Brinvilliers, discendente di un tintore che nel XVI secolo riuscì ad avere un marchesato.
Lei, piccina, rotondetta e morbida, con capelli castani ed occhi azzurri, sognava un matrimonio come tutte le ragazze dabbene dell’epoca, non certo per amore o interesse per il marito. Lui, affascinato dallo spirito di Marie-Madeleine, e dalle 150000 livres di dote cacciate dal vecchio d’Aubray, la impalmò. Non sarà un matrimonio modello: lui giocatore accanito, entrambi mani buche ed entrambi dediti all’adulterio, impiegheranno ben poco ad avere difficoltà economiche. Durante gli anni del matrimonio Marie-Madeleine avrà cinque figli, tre maschi e due femmine, ma ciò non cambierà nulla allo stile di vita della coppia. Fu lo stesso Brinvilliers ad introdurre in casa propria Jean-Baptiste Gaudin de Sainte-Croix, avventuriero e millantatore che divenne l’amante di Marie-Madeleine, e lo rimase fino alla propria morte, quattordici anni dopo. Gaudin, per ammissione della Brinvilliers, è il padre di due dei cinque figli della marchesa: due suoi, due del marito, quello che avanza è di un cugino del marito, col quale “[…] peccai circa duecento volte […]”.
Dreux d’Aubray si preoccupava del buon nome della famiglia e, soprattutto, del patrimonio: vista la pericolosità di Sainte-Croix lo fa rinchiudere alla Bastiglia e mal gliene colse: fu proprio nel soggiorno nella fortezza che il cavaliere conobbe un altro singolare figuro dell’epoca: un italiano di nome (forse!) Niccolò Essili o Eggidio, ma che in Francia era noto col nome di Exili; costui era il chimico della regina Cristina di Svezia, non si sa bene perché fosse rinchiuso alla Bastiglia, ma di certo poté dare a Sainte-Croix qualche rudimento della sua arte avvelenatoria.

L’incarcerazione di Sainte-Croix fece uscire dai gangheri Marie-Madeleine che, orgogliosissima e puntigliosa sul proprio onore, non perdonava al padre l’affronto infertole, il quale stava anche lesinandole i quattrini, oltre a farle sentire i morsi della sua lussuriosa fame; ricordiamo che la piccola marchesa diede fuoco ad una sua fattoria che stava per esserle sequestrata dai creditori per puro spirito di vendetta sugli stessi. Sainte-Croix le fornì i mezzi per vendicarsi del padre: la conoscenza di Cristophe Glaser, chimico, farmacista (tra i suoi clienti annoverava Luigi XIV ) gli fece affinare le nozioni avute da Exili, e lo introdusse all’arte di preparare veleni; a tale scopo organizzò un piccolo laboratorio di alchimia nel quale faceva esperimenti, e i cui prodotti venivano testati dalla marchesa, verificandone efficacia e scarsa rintracciabilità.
La leggenda nera che aleggia sulla Brinvilliers vuole che girasse per gli ospedali distribuendo cibo, dolcetti, biscotti e vino ai malati che poi morivano tra atroci dolori: questo non è mai stato provato, e considerando le condizioni igieniche molto fantasiste e pressoché inesistenti degli ospedali dell’epoca è più facile che i motivi delle morti fossero da cercare altrove. È più probabile che alcuni esperimenti fossero stati tentati sui domestici della marchesa, secondo alcune testimonianze del processo.
Marie-Madeleine inizia a prendersi cura della salute del sessantaseienne padre, che di suo già era cattiva, e lo fa dandogli assieme alle medicine prescritte, le produzioni del laboratorio di Sainte-Croix: in otto mesi il vecchio d’Aubrary non trovò mai giovamento nelle cure, ed alla fine morì grato alla figlia che si prendeva cura di lui. Marie-Madeleine si accorse che la morte del padre non le dava alcun vantaggio pratico, visto che l’eredità di famiglia era controllata dai fratelli, nel frattempo diventati uno luogotenente civile e l’altro consigliere al Parlamento. Il maggiore, per giunta, voleva far imbastigliare nuovamente l’amante della sorella, il quale amante dal canto suo la ricattava per delle cambiali in suo possesso che lei gli aveva rilasciato. Per consolarsi lei si giostrava le grazie del cugino del marito, il marchese de Nadaillac, di un cugino, di un servitore di nome La Chaussée e del precettore dei giovani Brinvilliers, tale Briancourt. Madame de Sévigné ci dice che la Brinvilliers voleva anche sposare l’amante, che non ne voleva sapere, per cui lei avvelenava il marito lentamente, tutti i giorni, mentre Sainte-Croix provvedeva a somministrargli l’antidoto.

Marie-Madeleine, d’accordo con il valletto La Chaussée, inizia ad avvelenare i fratelli, e probabilmente cerca di avvelenare anche la sorella che biasimava la sua scarsa moralità. Il maggiore dei due giovani d’Aubray muore il 17 giugno. Pare che il corpo puzzasse al tal punto che durante gli ultimi giorni i medici non riuscivano ad avvicinarlo. Il 2 settembre dell’anno successivo muore l’altro fratello, il consigliere al parlamento. La moglie del fratello maggiore chiese l’autopsia: ne risultò che il fegato era ridotto ad uno stato poltiglioso e che stomaco e duodeno erano neri.
La marchesa perde il controllo e racconta certi particolari sui veleni a Briancourt, durante alcuni dei loro incontri amorosi. Lui ha paura e lei decide di ucciderlo, e ne incarica Sainte-Croix. Convoca Briancourt una notte, mentre l’altro lo attende col pugnale nell’alcova della donna; incredibilmente lei si pente sul più bello e lo lascia fuggire, lui poi riparerà altrove.
Il 30 luglio del 1672 salta in aria il laboratorio di Sainte-Croix, che muore nell’incidente. Gli inquirenti troveranno tra le rovine, nascosta tra storte, alambicchi e provette in pezzi, una cassetta che conteneva le lettere dei due amanti ed un diario con la confessione di Sainte-Croix che accusa Marie-Madeleine di una lunga serie di crimini, compreso il suo omicidio. Ma la polizia esitava ad arrestare una nobile, per timore di scandali così prende La Chaussée, denunciato dalla vedova del maggiore dei d’Aubray. La Chaussée all’inizio negò tutto, ma la testimonianza della vedova di Sainte-Croix lo inchiodò, e la tortura gli sciolse la lingua. Finirà arrostito.

La Brinvilliers cerca di recuperare la cassetta dell’amante, ma invano così decide di scappare in Inghilterra. Il 24 marzo del 1673 viene condannata in contumacia per il triplice omicidio di padre e fratelli, la pena è la decapitazione. La Francia cerca di ottenerne l’estradizione, ma Carlo II Stuart ha già abbastanza guai, e per temporeggiare accetta a patto che sia arrestata da agenti di polizia francese! Mentre le polizie dei due regni decidono il da farsi, la marchesa scappa e ripara in un convento di Liegi, ma il destino burlone le mette sul cammino François Desgrais, famoso agente di polizia. Desgrais riesce ad arrestare la marchesa il 25 marzo 1676, col consenso delle suore e delle autorità di Liegi. Sotto il suo letto troverà una cassetta contenente dieci fogli manoscritti dalla Brinvilliers: la sua confessione.

Il processo vede la marchesa a confronto con la cognata, con Briancourt ed altri testimoni, e nonostante venga letta in aula la confessione rivenuta da Desgrais, Marie-Madeleine è lo stesso sottoposta a tortura: si applica la tortura dell’acqua, la cosiddetta “Question donné avec l’eau”; il condannato veniva legato su di un cavalletto, e l’acqua veniva fatta ingerire a litri forzatamente, la tortura poteva essere ordinaria (cavalletto alto circa 60 cm e 4 bricchi di acqua per un totale di 6 litri) o straordinaria (cavalletto di oltre un metro e 12 litri d’acqua). La marchesa le subì entrambe. Da notare che in caso il reo avesse deciso di confessare durante la tortura sarebbe subito slegato ed ascoltato; poi però gli sarebbe stato inflitto lo stesso il rimanente del trattamento, fino alla fine dell’acqua prevista.

La marchesa di Brinvilliers muore decapitata sul patibolo, come da sentenza precedentemente emessa, avendo fatto ammenda dei suoi peccati ed essendosi accostata alla religione pochi giorni prima di morire, spinta dall’abate Pirot.

Dalle lettere di madame de Sévigné:
Venerdì, 17 Luglio 1676
“[…] È finita: la Brinvilliers è nell’aria; il suo povero corpicino, dopo l’esecuzione, è stato gettato in un gran fuoco, e le ceneri al vento; in modo che noi la respireremo, e per la comunicazione degli spiriti, saremo presi da qualche umore avvelenante, di cui tutti ci meraviglieremo.
Il Processo è finito ieri […] fino alle cinque di sera ha raccontato la sua vita, spaventevole ancor di più di quello che si pensasse: ha avvelenato dieci volte di seguito suo padre (non poteva venirne a capo), i suoi fratelli e molti altri. Dopo questa confessione non si è tralasciato di applicarle la tortura ordinaria e straordinaria, ma non ha detto nulla di più […]
Alle sei è stata condotta in camicia con la corda al collo a Nôtre-Dame, per fare l’onorevole ammenda; poi l’hanno messa nello stesso carretto dove io l’ho veduta, gettata supina sulla paglia, con una cuffia bassa, in camicia; da una parte c’era un medico, dall’altra un carnefice: in verità era uno spettacolo che mi ha fatto fremere […]

Montò sola a piedi nudi sulla scala e sul patibolo, ed in un quarto d’ora fu rasata, girata e rigirata dal carnefice: vi fu un grande mormorio per questa crudeltà. L’indomani si cercavano le sue ossa: il popolo la credeva una santa […]”

Emanuela Vacca

GILLES DE RAIS, SERIAL KILLER o VITTIMA?

Gilles De Rais, nobile francese del XV secolo,                                                                                                                        combatte al fianco diImmagineImmagine

 

Jeanne D’Arc e, al termine della Guerra dei Cento Anni, si ritrova ad essere uno degli uomini più ricchi e potenti della Francia. Gilles De Rais non è ricordato né per il glorioso passato militare né per essere stato fedele di Jenne, ma per il lato oscuro della sua personalità che lo spinse a rapire, torturare e uccidere centinaia di bambini, figli di contadini per la maggior parte. Si tramanda inoltre che l’ufficiale usasse circondarsi di stregoni e alchimisti esperti in magia nera, con i quali cercava la formula per trasformare il metallo in oro. Ma procediamo per gradi.


Gilles de Montmorency-Laval, detto Gilles de Rais, il più grande “tueur en série” , serial killer della storia di Francia, quando venne arrestato e minacciato di tortura,confessò di essere un omosessuale e un pedofilo. Due reati che a quel tempo erano puniti con la confisca di tutte le proprietà e con la pena di morte.
La storia ci consegna così Gilles De Rais come uno dei peggiori e più sadici assassini dell’umana esistenza. La maggior parte degli studiosi lo descrive come un cavaliere al servizio del Re, che una volta in pensione trascorse il tempo libero a violentare e uccidere ragazzini.
Altri invece sostengono che sia rimasto vittima di una congiura, perché è impossibile che sia riuscito a rimanere impunito per tutti quegli anni. Secondo questa ipotesi, De Rais sarebbe stato accusato con delle finte prove e condannato da un tribunale truccato, dal quale non riuscì a difendersi a causa della sua scarsa intelligenza, cosa che ritengo scarsamente probabile, visto che, oltre a essere Marescillo di Francia, portava sul suo vessillo i gigli reali, era il braccio destro di Jeanne d’Arc, la Pucelle d’Orleans, eroina e oggi santa protettrice di Francia, che aveva riconquistato Orleans e rimesso sul trono uno dei più stupidi e pavidi re della storia francese, Carlo VII di Valois. Ma ovviamente durante il processo e l’arresto di Jeanne, si guardò bene dal confessare di averla usata per i suoi scopi, tenuta in altissima considerazione, sia come militare che come stratega. Gilles era amico e fedelissimo di Jeanne, dobbiamo presupporre che Jeanne, troppo impegnata a salvare la Francia dall’invasore, non si sia accorta di avere di fianco un pazzo omicida o alla fine della guerra quest’uomo, soldato rozzo e generoso confidente, si trasforma in un mostro? Cosa lo porta a un cambiamento così radicale?
Per capire meglio Gilles De Rais e la sua storia, dobbiamo innanzitutto cercare di immaginarci la società in cui si svolgono i fatti. La Francia del 1400 è un paese tormentato dalla guerra, dalle pestilenze, dalla violenza e dagli intrighi politici. Un paese dove le cariche nobiliari e il potere vengono svenduti al miglior offerente, mentre i matrimoni strategici sono all’ordine del giorno. 

Gilles nasce nel 1404, presumibilmente a Champtoce, in uno dei tanti castelli di proprietà della sua famiglia, chiamato la Torre Nera.
La Francia è ancora in guerra con l’Inghilterra a causa della disputa sull’erede del trono francese.
La causa della guerra risale al 1066, quando William il Conquistatore, Duca di Normandia, aveva invaso l’Inghilterra e ne era diventato Re. Le discendenze, la disputa su alcuni territori importanti come le Fiandre e diversi matrimoni combinati in 300 anni di storia hanno fatto il resto.
La guerra è scoppiata ufficialmente nel 1337, ma è risaputo che la Guerra dei 100 Anni sia stata piuttosto un insieme di battaglie sanguinose, separate tra loro da molti anni di tregua e alleanze momentanee.
Negli anni dell’infanzia di Gilles, sul trono inglese siede Enrico V, che è riuscito nell’impresa di riappacificare Inghilterra, Scozia e Galles e adesso pretende il trono francese.
A Parigi invece regna Carlo VI, detto “Il Pazzo”, è malato di schizofrenia, porfiria e disturbi bipolari. Sono note a tutti le sue famigerate “crisi”, durante le quali il Re fa cose tremende, una volta attaccò e uccise i soldati della sua scorta, dimenticò il suo nome e di essere re, fuggendo terrorizzato dalla moglie. Non riconobbe i figli, sebbene identificasse il fratello ed i consiglieri e ricordasse i nomi delle persone defunte. Vagava per il palazzo ululando come un lupo, si rifiutava di fare il bagno per mesi e soffriva dell’allucinazione di essere fatto di vetro. Il paese, per rimediare a un monarca del genere, si ritrovò diviso in diverse regioni, ognuna delle quali governata da un feudatario che disponeva di grandi poteri, come coniare monete e fare leggi. In cambio il governo francese si accontenta di disporre dei servigi degli eserciti di questi Signori.
I primi anni di vita del giovane De Rais sono a noi sconosciuti. .
All’età di 11 anni perde la madre, Marie. Suo padre, Guy, muore invece pochi mesi dopo, ucciso da un cinghiale durante una battuta di caccia.
Nel proprio testamento, l’uomo lascia precise istruzioni affinché, per nessun motivo, i suoi due figli, Gilles e Rene, vengano affidati alla famiglia De Craon, dalla quale veniva sua moglie. Jean De Craon, padre di Marie, rimasto senza eredi, decide di venire meno alle volontà del proprio genero per il bene dei propri possedimenti. Così, verso la metà del 1416, Gilles e suo fratello si trovano affidati alle cure del terribile nonno .

Jean De Craon è un abile politico e cospiratore. Agisce senza una coscienza e fa di tutto per raggiungere i propri scopi, principalmente legati al profitto. Non a caso, è il secondo uomo più ricco della Francia. La sua influenza negativa si riversa immancabilmente sui due bambini. Mentre nei castelli dei loro genitori erano stati istruiti nella morale, nella religione e nelle discipline umanistiche, nel castello del nonno, situato a Champtoce, vicino alla Loira, vengono istruiti nelle arti militari e vengono plagiati dall’amoralità di Jean. E’probabile che Gilles abbia sviluppato proprio in questo castello la perversione e la follia che esploderanno in età adulta.
Quando Gilles compie i 13 anni, Jean negozia il matrimonio tra lui e Jeanne Peynel, la figlia del Duca di Normandia. La ricchezza in dote è pari a quella di Gilles e il matrimonio avrebbe reso la casata De Craon la più potente e ricca della Francia intera, ma il Parlamento francese riesce a trovare un motivo abbastanza valido per impedirlo. Dieci mesi dopo, Gilles viene dato in fidanzato alla nipote del Duca della Borgogna. Anche questo matrimonio salterà, ma gli archivi storici non sanno spiegare il motivo.
Passano due anni e il 16enne De Rais è costretto dal nonno a rapire Catherine Thouars, una sua cugina erede di numerosi terreni. Jean fa rinchiudere nelle segrete del castello tre parenti della giovane che si erano avventurati in un’operazione di salvataggio, poi, nel 1420, sposa i due ragazzini e comincia le negoziazioni con il padre della ragazza, Milet Thouars. L’uomo però muore misteriosamente qualche tempo dopo e, in seguito alla liberazione degli ostaggi, Jean riesce a far riconoscere il matrimonio dalle autorità ecclesiastiche.

Gli anni successivi scorrono in una relativa tranquillità, fino a quando, nel 1429, Gilles non incontra Jeanne D’Arc, divenendone consulente e primo generale di Giovanna D’Arco. È in questo periodo che Gilles riceve la massima carica militare francese, maresciallo.
Nel 1432, Giovanna D’Arco cade vittima delle macchinazioni di un consigliere del Re e viene bruciata come eretica, mentre il nonno di Gilles, Jean De Craon, muore di malattia.
Sul letto di morte, l’uomo si pente di aver vissuto in maniera immorale e di aver cresciuto una persona spietata come suo nipote. Nel testamento, per farsi perdonare di tutto il male che aveva procurato in vita, l’uomo lascia tutte le proprietà ai contadini del luogo, mentre i soldi vengono destinati a un fondo per edificare due ospedali. Ai nipoti viene lasciata la spada personale. Finalmente finisce la Guerra dei Cento anni e i nobili tornano a gestire i propri terreni.
Tornato a Champtoce, Gilles si accorge che la vita sedentaria da eroe in pensione non fa per lui. La pratica militare in quegli anni aveva contribuito a celare la sua bramosia di morte, ma ora non c’è più nessuna battaglia da combattere. Memore delle stragi di nemici, il suo corpo desidera tornare a provare l’eccitazione del sangue che scorre fuori dal corpo di una vittima.

Gli archivi dell’epoca non sono molto precisi, ma la prima vittima di De Rais dovrebbe risalire al 1432, quando l’uomo si trasferisce con i suoi cortigiani al castello di Machecoul.
La vittima è un anonimo garzone di 12 anni, che un cugino di Gilles aveva mandato al castello per consegnare un messaggio. Alle autorità verrà raccontato che il bambino è stato rapito da una banda di briganti dei boschi.
Vestiti con gli abiti migliori e invitati a un banchetto, i bambini vengono trascinati dopo il pasto in una stanza nascosta, dove sono ammessi solo De Rais e i suoi servitori più fedeli.
Qui la vittima di turno viene appesa per il collo ad un gancio di ferro e quindi stuprata diverse volte. Tra una violenza e l’altra, Gilles De Rais toglie il ragazzo dal gancio e gli fa coraggio, consolandolo. Ad un certo punto, durante uno di questi gesti di conforto, il ragazzo viene ucciso.
Gli sventurati vengono assassinati in diversi modi, dalla decapitazione al taglio della gola. A volte vengono smembrati, altre volte vengono presi a bastonate sull’osso del collo. In alcuni casi, l’assassino si siede sulla loro pancia, facendosi un sacco di risate e masturbandosi nel vederli soffocare. Quando Gilles dispone di più teste decapitate, improvvisa macabre gare di bellezza.
De Rais fa forgiare anche una spada speciale, una spada a doppia lama corta e molto spessa, che lui chiama “braquemard” e che viene utilizzata appositamente per sgozzare i bambini.
Difficilmente le vittime vengono lasciate vive per più di una sera e occasionalmente il Barone ha rapporti anche con i loro cadaveri oppure gioca con le loro viscere.
I corpi vengono poi cremati e gettati nel fossato.
Gilles non è solo. Agisce con i suoi cortigiani. Non si sa con certezza fino a che punto siano costretti a reggergli il gioco e fino a che punto siano invece esseri perversi come il loro padrone. Uno dei principali coinvolti è un giovane, soprannominato Poitou, inseparabile braccio destro di Gilles. Originariamente arrivato nel castello come vittima, è stato risparmiato per la sua straordinaria bellezza e promosso al grado di complice.
Si sa inoltre che alcune persone procacciavano le vittime per lui.
Uno di questi è il cugino, Gilles De Sille, che gli manda numerosi bambini. Un altro procacciatore di vittime è Roger Briqueville, mentre un’anziana donna, soprannominata “La Meffraye”, si aggira per i borghi contadini rapendo bambini.
Tutte queste persone confesseranno i loro crimini durante il processo a De Rais.

Ben presto cominciano a girare strane voci sul castello di Machecoul.
Le numerose scomparse di bambini dai villaggi mettono in allarme la popolazione contadina. De Sille sparge la voce che i bambini sono stati consegnati al Re d’Inghilterra, secondo un patto di pace, e che saranno educati come paggi di corte. Gli archivi non ci sanno dire se queste voci bastarono a placare l’opinione pubblica, ma di sicuro le scomparse continuarono senza freno.
Anche misticismo, spiritualità e religione giocano un ruolo importante nella vita di Gilles De Rais.
E’ proprio il conflitto tra questo suo aspetto religioso e caritatevole con i crimini che avrebbe confessato sotto tortura che spinge molti studiosi a dubitare della reputazione criminale che accompagna il nome di Gilles da secoli.
Fervido e generoso sostenitore della Chiesa, De Rais fa edificare numerose cappelle e addirittura una cattedrale, stipendiando anche gli ecclesiastici necessari a svolgere tutte le funzioni.
Come compagno di Giovanna D’Arco, era stato testimone dei suoi miracoli, per esempio l’improvviso cambiamento di vento durante una battaglia in seguito a una preghiera della donna. Era al suo fianco quando l’eroina si era strappata via dalla spalla un dardo che avrebbe mandato all’ospedale un cavaliere di taglia media. L’aveva ascoltata pronunciare profezie che si sono poi avverate.
Per questo a Gilles non è mai risultato difficile credere nel soprannaturale, anche se secondo alcuni storici si sarebbe presto convertito all’alchimia e alla necromanzia e alla magia nera per ripristinare la sua ricchezza e il potere perduto.

Nel 1439, Rene De Rais, preoccupato dallo sperperare del fratello, riesce ad ottenere dal Re un editto che gli conferisce il controllo del castello di Champtoce e impedisce a Gilles di vendere qualsiasi appezzamento di terreno della famiglia.
Quando Gilles scopre che Rene sta venendo in visita con le intenzioni di prendere possesso anche del castello di Machecoul, si fa prendere dal panico e ordina a Poitou e a Henriet (un servo anziano e molto fedele) di uccidere e bruciare immediatamente i 40 bambini che sono ancora tenuti in ostaggio nel maniero.
La cosa viene fatta troppo in fretta e viene scoperta da due nobili amici di De Rais, che decidono però di non denunciare il fatto, in quanto le vittime sono semplici e miseri contadini.
Il timore di Gilles si rivela comunque corretto. Tre settimane dopo essere passati da Champtoce, Rene e un suo cugino occupano Machecoul.
Gilles De Sille e un servitore vengono incaricati di distruggere tutti gli attrezzi alchemici e di far sparire alcuni scheletri rinvenuti nelle segrete, sui quali i familiari di Gilles non si interrogano nemmeno, innalzando di proposito un muro di silenzio.

Impotente politicamente, in pensione a soli 36 anni, senza i soldi per pagarsi un esercito e privato del potere di gestire le sue proprietà, Gilles De Rais è ormai finito.
L’inizio della fine si colloca nei primi mesi del 1440, quando Gilles, messo insieme un piccolo esercito di briganti, fa irruzione nella chiesa di St. Etienne de Mermorte durante un’importante rito cattolico. Con lo sguardo da pazzo e brandendo un’ascia, Gilles prende in ostaggio il prete, fratello di un nobile che aveva occupato un castello dei De Rais costringendoli a venderglielo, pretendendo la liberazione della sua proprietà.
E’ a questo punto che i nemici di Gilles decidono che il rivale è andato troppo oltre.
Jean V, Duca della Bretagna (il fratello del prete sequestrato) è il primo a muoversi e a formare un’alleanza con il Vescovo di Nantes, Jean De Malestroit, rivale della famiglia De Rais da molti anni.
Malestroit comincia l’operazione anti-Gilles De Rais, raccogliendo deposizioni e informazioni da sette persone vicine all’ex combattente, mettendo insieme tutte le informazioni utili. Possiamo immaginare la sua reazione quando scoprì del libro magico scritto con il sangue dei bambini per invocare i Demoni e delle torture ai danni dei giovani contadini.
Nel luglio del 1440, viene finalmente pubblicato il documento “Milord Gilles de Rais, cavaliere, signore e barone posto sotto la nostra giurisdizione, con certi complici tagliò le gole a molti giovani e ne uccise atrocemente degli altri. E’ stato dichiarato che lui ha praticato con questi bambini la sodomia. Spesso ha cercato di convocare a sé degli esseri infernali, facendo anche sacrifici umani in loro nome, e ha perpetrato altri orrendi crimini sempre restando entro i limiti della nostra giurisdizione…”
Nonostante il documento sottoscritto dal vescovo di Nantes, Gilles tiene duro e si barrica nel castello di Tiffauges. Lui è Maresciallo di Francia, capo militare del Re, padrone spirituale del potente Demone Barron e signore dei villaggi di Rais: nessuno avrà mai il coraggio di sfidarlo e di presentarsi al castello per accusarlo di eresia e omicidio.
I suoi complici intanto, Gilles De Sille e Roger Briqueville avevano messo da parte dei soldi per un’evenienza simile e fuggono. Henriet tenta inutilmente il suicidio.
Solo Poitou e i due maghi Prelati e Blanchet rimangono fedeli a De Rais, attendendo il proprio fato nel castello.

Ad agosto, il Conestabile della Francia, fratello del Duca di Bretagna, prende possesso del castello di Tiffauges e chiede il permesso alle autorità per poter arrestare De Rais, che nel frattempo si rifugia a Machecoul. L’autorizzaziona arriva il 14 settembre 1440. De Rais viene portato a Nantes, dove un tribunale lo interroga sull’assalto alla chiesa di St. Etienne de Mermorte. Nessun fa cenni agli omicidi di bambini o alla passione per il soprannaturale.
Non trattandosi di un cittadino comune, la custodia di Gilles si svolge nelle comode stanze di un castello a Nantes. Mentre lui si gode questa “vacanza” forzata, il giudice principale della Bretagna, Pierre De L’Hopital, fa interrogare i genitori e i parenti dei bambini scomparsi nei dintorni di Machecoul. Molte donne dichiarano di essere state costrette da Poitou a consegnare i loro figli per permettere a De Rais di condurli al castello dove ne avrebbe fatto dei cortigiani.
Gli interrogatori ai parenti delle vittime vanno avanti da 18 settembre all’8 ottobre, sotto l’occhio attento del Vicario dell’Inquisizione, Jean Blouyn.
Il 13 ottobre 1440, accusano formalmente De Rais di 34 omicidi (avvenuti a partire dal 1432), di sodomia, di eresia e di assalto contro un rappresentante della Chiesa. L’accusa chiede di alzare il conto delle vittime a 140, a partire dal 1426.
Convocato di fronte al tribunale per rispondere ai capi di accusa, Gilles De Rais attacca verbalmente le persone che lo stanno interrogando, chiamandoli simoniaci (i venditori di indulgenze) e dichiarando di preferire l’impiccagione immediata piuttosto che parlare con loro. In tutta risposta, gli ecclesiastici di Nantes lo scomunicano.
E’ una mossa astuta, che fa vacillare il credentissimo Gilles, preoccupato adesso della propria anima. Per questo l’imputato, due giorni dopo, visibilmente provato, riconosce l’autorità della corte e, inginocchiato e in lacrime, chiede umilmente perdono.
Il Vescovo, avendo ormai ottenuto la sua collaborazione, lo riammette prontamente nella Chiesa.

Nonostante ciò l’accusa chiede ed ottiene che Gilles venga torturato presso La Tour Neuve, per avere la sicurezza che l’imputato confessi tutto quello che ha fatto. Gilles De Rais, prima ancora di cominciare il “trattamento”, si dichiara disponibile a consegnare una confessione dettagliata e firmata. Nella confessione, Gilles scagiona i propri complici, dichiarandosi unico colpevole e responsabile. Confessa inoltre di aver agito per soddisfare i propri bisogni carnali e i propri vizi, senza altri scopi.
La confessione non contiene l’ammissione di aver tentato di invocare il Demonio. Siamo in un’epoca in cui l’omicidio di un contadino è ritenuto davvero di poco conto rispetto a un’eresia.
Per riuscire a condannare a morte il Maresciallo, i giudici hanno bisogno di una confessione anche sul piano esoterico. Per questo interrogano il mago italiano, Prelati, complice nelle messe nere, che prontamente confessa di aver aiutato Gilles a invocare i demoni.
Condannato all’ergastolo, Prelati riuscirà ad evadere qualche anno dopo, ma, tornato a fare il mago, verrà definitivamente catturato, condannato per eresia e impiccato.
Il tribunale, nel frattempo, condanna Gilles, Poitou, Henriet ad essere appesi per il collo fino alla morte e poi bruciati.

Gli imputati vengono condotti alla forca il 26 ottobre 1440.
Prima della sua esecuzione, Gilles pronuncia un lungo sermone. Ammette i suoi peccati ed esorta gli astanti ad allevare i loro bambini in maniera severa e secondo gli insegnamenti della Chiesa.
Gilles viene impiccato subito dopo. Il suo corpo, prima che la pira infuocata lo raggiunga, viene portato via e seppellito con rito cattolico.
La chiesa dove si trovava la tomba andrà distrutta durante la rivoluzione francese.
Che sorte hanno avuto gli altri? La moglie Catherine Thouars, sparita dalla scena poco dopo il matrimonio, si sposò con Jean De Vendome, un uomo ricco e potente, alleato dell’ormai potentissimo Duca di Bretagna, il presunto burattinaio di tutta la storia. La figlia di Gilles, Marie De Rais, si sposò con un ammiraglio della marina militare francese, stranamente nemico del Duca di Bretagna, ma morì senza figli. Il fratello Rene, ereditata la maggior parte dei beni, compreso il titolo di Barone, soggiornerà nel castello di Champtoce fino alla morte, controllato come un carcerato dagli uomini del Duca di Bretagna. Morirà nel 1473, lasciando una figlia che rimarrà senza eredi.
La casata De Rais, che il vecchio Jean De Craon aveva cercato in ogni modo di preservare e rendere potente era dunque finita miseramente. “Barbe Bleu” era finito,la sua leggenda no.

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