Francesco Maria Guaccio, cacciatore di streghe

untitled3 “Quale che sia il motivo per cui le streghe temono il canto del gallo, non so. So soltanto questo, da Plinio ad Eliano: che il canto del gallo incute timore al leone e alla scolopendra. Sul fatto che i galli non sono avvezzati alla notte si ricordano molte cose straordinarie: Volterrano ad esempio ricorda che quando nacque il figlio di Matteo grande visconte di Milano, i galli cantarono tutta la notte, e per questo gli fu dato il nome di Galeazzo, e fu pieno di eloquenza e di virtu’ militari, come dice Giovio”: questo uno stralcio di un best seller seicentesco, tolto dal capitolo XII, intitolato “Se le streghe si trasferiscono veramente da un luogo all’altro, durante le riunioni notturne”.

  Si tratta del Compendio Maleficarum, stampato a Milano nel 1608, scritto da Francesco Maria Guaccio, frate dell’ordine di sant’Ambrogio ad Nemus e famosissimo cacciatore di streghe, giudice del Tribunale dell’Inquisizione e carnefice di talmente tante donne che si e’ perso il conto. Milano quindi, oltre che a sacerdotesse di Diana, ad affascinanti maliarde, a maghi pentiti diede i natali anche ad uno dei più celebri feroci e colti guardiani della fede.

Di lui si hanno ben poche notizie, oltre alla fama (che purtroppo si e’ conservata) di inquisitore tremendo. Non conosciamo ne’ la sua data di nascita ne’ quella di morte; purtroppo e’ vissuto abbastanza per poter raccogliere la sua immensa esperienza (!) in fatto di stregoneria in uno dei piu’ celebri libri del tempo, testo base dell’Inquisizione, su precisa richiesta inoltrata dalla Curia ambrosiana.

  Nato a Milano alla fine del XVI secolo, fu considerato un luminare in materia di streghe e di diavoli. Compi’ numerosi viaggi di formazione, aggiornamento e perfezionamento in ogni angolo d’Europa; fu convocato all’estero diverse volte, come consulente consigliere ed esperto in materia. Fu chiamato perfino nel ducato di Kleve, in Germania nord occidentale, per il processo contro il duca Giovanni Guglielmo. Mori’, forse a Milano, attorno al 1640.

 Il volume maledetto e’ diviso in tre libri: la parte piu’ estesa (e chi poteva dubitarne?!) riguarda le modalita’ dello stregonesco volo notturno e dello svolgimento del sabba. Conosce e cita tutti gli autori, italiani e stranieri, che hanno scritto sullo stesso argomento; si distingue per il suo fanatismo. Il suo libro e’ un compendio nel senso moderno del termine, un manuale il cui scopo e’ quello di offrire un’esposizione semplice e chiara di una materia che, all’inizio del ‘600, aveva gia’ assunto le caratteristiche di una struttura labirintica di difficile interpretazione, su cui ci si scontrava nelle universita’, nei conventi e nei tribunali. Semplicemente, riduce e spiega, citando qualcosa come 322 autorita’ in materia, con l’aiuto di esemplificazioni tratte dalle elaborazioni precedenti, in modo da offrire uno strumento di lavoro semplice da usare, chiaro, che non lascia dubbi di sorta.

  Lui, non si pone neppure il problema di indagare, approfondire, rielaborare questioni di natura teorica: le streghe esistono, sono il male peggiore dell’umanita’ e devono essere eliminate perche’ servono il demonio. Per far questo ogni mezzo e’ buono, e la tortura non e’ mai sufficiente. Aggiungo due parole mie, il pezzo è di Michela Zucca, gli inquisitori italiani ci mettevano qualcosa che quelli stranieri non mettevano, la passione. Forse per questo erano così feroci?