SABINA SPIELREIN, LA DONNA CHE SCONVOLSE LE VITE DI FREUD E JUNG

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“Ogni uomo porta in sé la forma intera dell’umana condizione”

Michel de Montaigne

Nel 1977, in uno scantinato del Palais Wilson di Ginevra, vecchia sede di un prestigioso Istituto di psicologia, viene ritrovato uno scatolone colmo di documenti. Il ritrovamento è il frutto casuale di un paziente lavoro di ricerca capeggiato dall’analista italiano Aldo Carotenuto.  Lo scatolone contiene frammenti di diario e un carteggio importante fra tre soggetti: il padre della psicanalisi Sigmund Freud, il suo discepolo Carl Gustav Jung, in seguito allontanatosi per fondare una nuova teoria e una certa Sabina Spielrein, psicanalista ed autrice del diario.

Il materiale porta ad emersione particolari finora sconosciuti sulle vicende storico-biografiche dei tre personaggi, vicende che hanno inciso in maniera inequivocabile sugli sviluppi teorici di ognuno di loro. Ciò che viene alla luce turba e sconvolge talmente il mondo intellettuale da stimolare una lunga serie di saggi, opere teatrali e cinematografiche. Insomma, anche figurativamente parlando, Sabina Spielrein – dimenticata, rimossa, incompresa – emerge dal sottosuolo della civiltà, dall’inconscio della storia della psicologia, simboleggiato così bene dallo scantinato del palazzo ginevrino, per rivendicare la sua verità.

Sabina Spielrein è il perturbante  della storia della psicoanalisi. Il primo dei lavori a lei dedicato è naturalmente il libro di Carotenuto, Diario di una segreta simmetria. Sabina Spielrein tra Jung e Freud. Uscito nel 1980 e presto tradotto in numerose lingue, esso contiene le lettere scambiate fra i tre, quanto ritrovato del diario di Sabina Spielrein.

Ma chi era Sabina Spielrein? E la sua testimonianza parla a noi, uomini e donne della civiltà contemporanea. A malincuore ella rimane per i più “l’amante di Jung”. Aldo Carotenuto riporta, con profondo rammarico, il fatto che la principale preoccupazione del pubblico, ad ogni sua presentazione del libro, fosse se Jung e la Spielrein avessero avuto rapporti sessuali. Intendiamoci: quello a cui si rivolge Carotenuto non era un pubblico generico, egli si rivolge ad intellettuali, principalmente psicologi e psicanalisti. “Dobbiamo domandarci perché gli analisti sembrino ossessionati  da questo punto che delle volte sembra essere non un problema, ma “il problema” per eccellenza” . Non è questo il punto, dice Carotenuto, ed  infatti l’eventualità non avrebbe aggiunto o tolto nulla, ad un rapporto che di sicuro aveva la dimensione totalizzante dei grandi amori, in cui le due personalità erano in una simbiosi animica sorprendente.

Senza contare che da un pubblico di intellettuali ci si aspetta che si indaghi a fondo sulle ripercussioni teoriche che una personalità come quella della Spielrein abbia avuto sui fondatori rispettivamente della psicoanalisi e della psicologia analitica, discipline in cui sussiste un corto circuito assente in tutte le altre scienze: il soggetto e l’oggetto dell’indagine sono lo stesso, è l’uomo che indaga l’uomo .

Moltissimi aspetti potrebbero essere esaminati nella storia  che Sabina Spielrein porta ad emersione,ne scelgo due : “il silenzio” e “il femminile”. Il silenzio che così a lungo ha atteso la sua storia è emblematico, il femminile perchè  Sabina è  pioniera della psicoanalisi, figura  negata, rimossa o fraintesa fino a poco tempo fa.

Sabina Spielrein giunge dalla nativa Russia all’ospedale Burgholzli di Zurigo, Svizzera, nell’agosto del 1904. E’ appena diciannovenne, ma è malata già da diversi anni. La diagnosi del medico che la prende in cura, Carl Gustav Jung, è di isteria psicotica. Nel giugno del 1905 viene dimessa, continuando la terapia da paziente esterna. Vive da sola in un appartamento a Zurigo, in seguito all’iscrizione alla Facoltà di Medicina. Considerando i tempi lunghi della malattia e la sua gravità, la guarigione è stata straordinariamente veloce ed efficace: “L’avvenimento più significativo nella giovane vita della Spielrein fu che, qualsiasi cosa fosse avvenuta nel corso della terapia con Jung , la guarì ”.

La malattia di Sabina affonda le sue radici nell’atteggiamento punitivo del padre, il quale usava percuoterle il sedere nudo (particolare che Jung censurerà nella sua lettera a Freud, dicendo che la ragazza fu traumatizzata nel vedere il fratello percosso). Questo fatto probabilmente ingenera strane fantasie nella ragazzina, la quale non può sedersi a tavola senza immaginare i familiari in posizioni poco edificanti. In età adolescenziale non riuscirà più a guardare le persone negli occhi e la situazione si aggraverà con l’insorgere di ripetuti atti di onanismo, accompagnati da senso di colpa.

Ma è degno di nota anche l’atteggiamento perverso di una madre anaffettiva, la quale, per di più, sfogò la propria rabbia verso il mondo maschile sulla figlia, entrando in competizione con i suoi corteggiatori e vietando, nel modo più assoluto, qualsiasi tipo di educazione sessuale, tanto da intervenire segretamente presso le autorità scolastiche russe per far evitare alla figlia la lezione di biologia sulla riproduzione umana. Sabina arriva quindi, adulta, a non sapere nulla della sessualità e di questo particolare fondamentale, unito al rapporto malsano con la madre, non vi è sorprendentemente alcuna menzione nella diagnosi di Jung, né  nelle sue lettere a Freud.

L’altro dettaglio determinante è che Sabina è una ragazza colta: nella Russia dell’epoca l’emancipazione femminile era molto più all’avanguardia di alcuni paesi europei, permettendo alle donne di frequentare il liceo (anziché accontentarsi di un tutore privato) e di iscriversi all’università.

Le pazienti del Burgholzli, vengono da famiglie povere o della medio-bassa borghesia, hanno generalmente un’educazione minima. La paziente venuta dalla Russia è quindi molto più acculturata delle coetanee svizzere e, oltre a ciò, rivela fin da subito un’intelligenza e un’intuizione non comuni. Insomma, si capisce subito che Sabina Spielrein non è una ragazza qualunque, tanto che sarà lo stesso Jung ad incoraggiarla sulla strada della carriera scientifica come psicoanalista. Il giovane Jung infatti pensa bene di coinvolgere questa sua straordinaria paziente come assistente nei suoi esperimenti col reattivo verbale, in cui ha modo di verificare le teorie freudiane.

Dopo la dimissione, Sabina continuerà la terapia con Jung, recandosi settimanalmente nel suo studio: probabilmente è lì che queste due sensibilità straordinarie entreranno in un più profondo rapporto animico, in cui non è improprio nominare la parola amore. In Sabina Spielrein, Jung rintraccia dunque molte parti di se stesso e se, in alcuni suoi passaggi giovanili, si nota un certo atteggiamento e una posa di superiorità maschile verso la mente femminile più facilmente impressionabile, Kerr mette in evidenza quelli che erano i fantasmi di Jung: le fantasie anali della Spielrein diventavano così ben poca cosa rispetto alle fantasie del giovanissimo Jung, in cui Dio defecava spudoratamente sul tetto della cattedrale di Basilea e un enorme fallo compariva all’interno di un’oscura caverna .

In entrambi vi è inoltre un forte anelito spirituale assolutamente collegato, non sganciato, alle immagini oscene scatenate dalla loro fantasia ma naturalmente il rapporto fra i due nasce sbilanciato, asimmetrico  : non bisogna dimenticare che, per quanto abbia avuto un’evoluzione, è pur sempre un rapporto medico-paziente, in cui il primo deve tenere saldamente in mano le redini e far sì che l’emotività e le dinamiche affettive del paziente non travolgano entrambi.Le redini sfuggono però dalle mani e Jung decide di chiedere aiuto a colui che ha designato come padre e maestro: Sigmund Freud.

Jung chiede aiuto a Freud e un po’ confessa e un po’ no. Freud dal canto suo lascia capire che ha intuito la situazione, suggerendo alla Spielrein di lasciar perdere la faccenda per il bene di tutti: “le ho suggerito una dignitosa liquidazione di tutta la faccenda”  e soprattutto cerca di assolvere Jung il più possibile, adducendo la responsabilità alla giovane paziente: “la capacità di queste donne di mettere in moto come stimoli tutte le astuzie psichiche è immaginabile, finché non abbiano raggiunto il loro scopo, costituisce uno dei più grandiosi spettacoli della natura” .

Insomma, oltre alla relegazione del femminile nella sfera del primitivo, siamo alla mentalità della donna come Eva tentatrice, non solo, ma con una quasi totale assoluzione dell’uomo. In questo frangente, prima della rottura, bisogna ricordarsi che il rapporto Freud-Jung si può scindere in due parti: una parte contrassegnata da una forte carica affettiva, dove i due si compiacciono genuinamente dei ruoli di padre e figlio, e una parte schiettamente utilitarista.

A Freud, Jung appare come l’erede ideale del suo impero teorico per una miriade di ragioni. Si potrebbe dire brutalmente che Jung gli serva: non è ebreo, come tutti i suoi seguaci viennesi e a Freud serve uno psicanalista “ariano” che dia una più vasta risonanza alle sue teorie. Jung è, inoltre, geniale. Freud non ha una grande stima dei suoi seguaci viennesi, nello svizzero Jung, giovane, intraprendente e con una formidabile capacità intuitiva, vede dunque una grande speranza e forse, viene ipotizzato, una proiezione di quel che avrebbe voluto essere da giovane.

Da parte sua Jung è all’inizio della sua carriera e Freud gli serve per lanciarsi nel mondo scientifico. Le sue teorie, da subito, destano la sua sincera attenzione tanto da portarlo ad applicarle in ambito clinico sui pazienti del Burgholzli ma Jung era consapevole sin dall’inizio delle proprie divergenze dal maestro, soprattutto sul concetto freudiano di libido, spiegato come mera energia sessuale, cosa che Jung considera fortemente riduttiva.

Un po’ per la sua propria confusione interiore (“Io ero pieno di dubbi!” ), un po’ perché, appunto, Freud gli serve, Jung persevera nel mantenere un atteggiamento di venerazione verso il maestro, a tratti quasi servile: ogni volta infatti che Freud lo redarguisce, egli assume un atteggiamento remissivo, scusandosi e premurandosi di ribadire quanto il rimprovero sia stato per lui prezioso. Una dinamica, dunque, quella fra i due che oscilla fra i contenziosi padre-figlio ed il mantenimento dei rapporti diplomatici perché ambedue si servono l’uno dell’altro. Logico quindi che un rapporto così non possa essere genuino fino in fondo, schietto. Per quanto forte e viscerale avrà inevitabilmente dei coni d’ombra.

Sabina Spielrein non si pone nessuno di questi problemi, non si lascia raggirare dalle parole dei due psicanalisti che cercano di “liquidare” il suo caso in maniera affrettata e maldestra. Una cosa è certa: né Freud aveva bisogno di uno scandalo riguardante il suo erede designato, né tantomeno Jung aveva bisogno di rovinarsi una carriera appena iniziata.

Il grosso errore che fanno Freud e Jung è quello di non aver mai smesso di considerare la Spielrein una paziente e di averne grossolanamente sottovalutato le doti intuitive.

Sentiamo un po’ come la Spielrein redarguisce  Freud, ad un certo punto della vicenda: “Ma anche lei è astuto, Professore […]. Si desidera però evitare un momento sgradevole, no? Neppure il grande ‘Freud’ riesce sempre a rendersi conto delle Sue debolezze”

Non è necessaria una laurea in psicologia per intuire l’effetto dell’ammonimento della studentessa Spielrein, giustamente impertinente e che punta dritto alla verità, su un uomo della statura di Freud: un uomo che considerava le donne alla stregua di una dimensione primitiva, infantile, non del tutto sviluppata. La scossa deve essere arrivata pungente, anche perché si insinuava tra il silenzio fra lui e Jung.E non sarà l’unica volta in cui Sabina Spielrein si dimostrerà molto più perspicace dei due .

Solo anni dopo Freud darà quella “risposta mancata” , in Osservazioni sull’amore di traslazione del 1914. Qui ammetterà la totale responsabilità dell’analista nel cadere in un eventuale errore, laddove prima, come si è visto, spostava tutto sulla “diabolicità della paziente che induce in tentazione l’analista, cercando di far leva sui nodi conflittuali e irrisolti”.

Lo sbaglio di Jung non fu certo quello di innamorarsi di Sabina Spielrein, per quanto un analista debba evitare il più possibile il coinvolgimento emotivo, è pur sempre un essere umano. L’errore  fu nel modo in cui gestì questa sua vicenda emotiva, in relazione al mondo esterno. Sono tanti gli episodi, in questo frangente, che ritraggono  Jung comportarsi davvero in maniera poco onorevole. Poco dopo la rottura con Freud e il distacco da Sabina Spielrein (due delle persone più importanti della sua vita) avrà un tracollo psicologico che lo porterà ad affrontare per parecchi anni i suoi fantasmi interiori.

di Emanuela Vacca , rielaborazione di un  articolo da  Speechless Magazine

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